Il vino nella letteratura italiana non manca. È presente, a volte come comparsa, altre da protagonista come nel romanzo di Manzoni.
Ne I Promessi Sposi, celebre opera del milanese Alessandro Manzoni scritta nella prima metà dell’Ottocento, il riferimento al mondo del vino è diffuso ovunque. Se ne parla nel saggio Il calamaio di Dioniso del filologo Pietro Gibellini, professore a Ca’ Foscari. I vigneti fanno apparizione già nella prima pagina, sia come elemento paesaggistico delle terre intorno al lago di Como, che come occasione di una prima critica alla condotta dei Lanzichenecchi, che si divertivano a rubare e sprecare l’uva dei contadini.
Di sicuro il vino può essere un originale strumento di critica letteraria, per analizzare stili e visioni degli scrittori. Nel caso delle vicissitudini di Renzo e Lucia il vino accompagna diversi momenti narrativi, connotandoli in senso positivo o negativo in base al messaggio morale che Manzoni vuole trasmettere.
Talvolta le vigne stanno a indicare la bellezza del paesaggio, altrove il vino è lo specchio dell’animo dei protagonisti. Come quando don Abbondio, impaurito dopo l’incontro con i bravi di don Rodrigo, torna tutto trafelato in canonica e chiede a Perpetua un bicchiere di vino per calmarsi: “Date qui, date qui – disse don Abbondio, prendendole il bicchiere, con la mano non ben ferma, e votandolo poi in fretta, come se fosse una medicina”.
C’è del vino anche nell’incontro tra padre Cristoforo e don Rodrigo, che dichiara di offendersi se il frate non dovesse assaggiare il suo vino.
Ma a noi, più del vino dei palazzi o quello con rimandi religiosi ed eucaristici, piace soprattutto il vino delle osterie con protagonista Renzo, il promesso sposo, che davanti a un bicchiere di vino non si tira mai indietro, pur non reggendo molto l’alcol.
Come nell’osteria del suo paese, dove si incontra di nascosto con il suo amico Tonio per organizzare le nozze e bere nel frattempo un boccale pieno di vino. Oppure, più avanti nei capitoli, quando Renzo in fuga dal cugino Bortolo, si lascia andare in un paio di osterie buttando giù un bicchiere dopo l’altro e così, parlando più del dovuto, si fa scoprire dalla polizia “Maledetti gli osti! – esclamò Renzo".
In generale comunque pare che al Manzoni il vino e le vigne fossero familiari e che conoscesse anche le tecniche di base della vinificazione. Il fatto invece che esista un vino che si chiama [Incrocio] Manzoni non c’entra nulla con lo scrittore, ma si tratta di un vino bianco autoctono della provincia di Treviso, creato dall’agronomo Luigi Manzoni quasi cent’anni fa.
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