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Immagine del redattorePasqualino Pietropaolo

Un altrove molto vicino: piccolo viaggio enoico in Slovenia (parte 1)

Un focus sul mondo vinicolo sloveno nell'anniversario del riconoscimento internazionale dell'indipendenza del piccolo Paese centroeuropeo.

Il 15 gennaio 1992, gli Stati della Comunità Europea (diventata Unione Europea solo nel 1993) riconoscevano ufficialmente l'indipendenza della Slovenia (e contestualmente della Croazia), che pochi mesi prima, nel giugno del 1991, aveva dichiarato la sua secessione dallo stato jugoslavo. Iniziava formalmente la disgregazione dell'esperimento della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, la cui architettura aveva già perso il suo pilastro portante con la morte del maresciallo Tito nel 1980 ("Sei Stati, cinque nazioni, quattro lingue, tre religioni, due alfabeti e un solo Tito!", recitava una nota filastrocca).

Un Paese lillipuziano sia in termini assoluti (20mila kmq, quanto la Puglia, e circa 2 milioni di abitanti, poco più della Calabria) che per la viticoltura (15.500 ettari vitati, contro i nostri 660 mila, e una produzione annua di 760.000 hl di vino, contro i 48 milioni dell'Italia) ma dalla grande tradizione enologica. Un territorio a noi molto vicino, ma anche un "altrove" - per ragioni storiche, culturali e geopolitiche ben note - ancora scarsamente conosciuto (se non relativamente ad alcune aree di confine come il Collio Sloveno), e proprio per questo affascinante da scoprire.

La storia del vino

La storia del vino in Slovenia inizia con i Celti e si consolida con quei grandi civilizzatori e piantatori di vite dei Romani, conosce i secoli buoi delle invasioni barbariche e riprende slancio grazie all'attività dei monasteri nel Medioevo, per poi prosperare di nuovo sotto la monarchia Asburgica (quanto vino doveva scorrere nei caffè e nelle bettole dell'Austria felix...). Negli anni del secondo dopoguerra la pianificazione centrale della federazione jugoslava non dimentica la vocazione di queste terre, favorendo tuttavia le produzioni di massa delle cooperative pubbliche e para-statali. Nei primi anni ’80 del secolo scorso cominciano a comparire le prime aziende vinicole private a conduzione familiare, ma il vero boom del vino sloveno ha inizio solo con l’indipendenza nei primi anni ’90.

Una viticultura da sempre caratterizzata da una grande varietà di vitigni autoctoni e di terroir - dagli assolati altipiani carsici affacciati sull'Adriatico alle dolci e brumose colline pannoniche, passando per le fresche valli alpine - oltre che di tradizioni e stili di vinificazione - orange wines e bianchi abboccati, rosati beverini e muffati -, e che oggi si distingue per una grande attenzione alla sostenibilità, declinata molto intelligentemente anche in chiave eno-turistica (ma questo è un discorso che riguarda più in generale tutta la Slovenia, Paese dalla forte vocazione "green").

Le regioni vinicole

In questo piccolo territorio posto al centro dell'Europa - la cui produzione è costituita per il 70% da bianchi - possiamo individuare tre principali regioni vinicole: Podravje ("Oltredrava") a nord-est, al confine con l’Austria e l’Ungheria; Posavje - la bassa valle della Sava - a sud-est, al confine con la Croazia; Primorska ("Litorale") a ovest, che confina con l’Italia e condivide una piccola parte della penisola istriana con la Croazia. Tali regioni sono ulteriormente suddivise in nove distretti/denominazioni d'origine, le ZGP (equivalenti alle nostre DOCG). Qui di seguito uno schema esemplificativo (per le denominazioni che confinano col nostro Paese trovate anche i nomi in italiano):

Podravje: · Štajerska Slovenija · Prekmurje

Posavje: · Dolenjska · Bela Krajina · Bizeljsko-Sremic

Primorska: · Goriška Brda (Collio Sloveno) · Vipavska Dolina (Valle del Vipacco) · Kras (Carso Sloveno) · Slovenska Istra (Istria Slovena)

Al vertice della piramide qualitativa si collocano i Vrhunsko Vino ZGP (i vini di qualità premium con origine geografica protetta), seguiti dai Kakovostno Vino ZGP (vini di qualità con origine geografica protetta), dai Deželno Vino PGO (vini regionali con indicazione geografica) e infine dai Namizno Vino (i vini da tavola).

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