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Immagine del redattorePasqualino Pietropaolo

Le ceneri di Pasolini, nutrimento delle nostre in-coscienze

A 100 anni dalla sua nascita, sempre a lezione dal più grande intellettuale italiano del Novecento.

Ricorrono oggi le celebrazioni per i 100 anni della nascita di Pier Paolo Pasolini (5 marzo 1922- 2 novembre 1975), probabilmente il più importante e controverso intellettuale italiano del Novecento. Poeta, scrittore, sceneggiatore, giornalista, drammaturgo, romanziere e regista di rara bravura, originalità e sensibilità. Pasolini però è stato molto di più: è stata la voce scomoda del nostro Paese e più in generale della società del suo tempo, quella che lui definiva la "civiltà dei consumi".

Qui non ci interessa disquisire su quale sia il suo capolavoro cinematografico (Mamma Roma o Il Vangelo secondo Matteo, secondo noi) o se sia stato più innovativo e dirompente un romanzo come Ragazzi di vita o il documentario Comizi d'amore, né tantomeno parlare delle sue vicissitudini private.

Ci interessa invece il suo approccio critico sempre fuori dal coro dei conformisti e degli anticonformisti alla moda (che si trattasse del '68, dell'aborto, del calcio o del partito comunista), ci interessano i suoi insegnamenti da pensatore eretico. Di quelli che più prosaicamente possiamo leggere negli Scritti Corsari, la raccolta dei suoi interventi sulla stampa, in cui si scaglia con rabbia - convinto com’era della responsabilità morale e civile dell’intellettuale - contro l’omologazione culturale e la perdita della diversità e delle identità culturali locali, in cui si fa cantore degli ultimi e degli emarginati, del mondo contadino e del sottoproletariato, spesso incoraggiando atteggiamenti di dissenso nei confronti della società consumistica.

E allora immaginiamoci davanti alla sua tomba (come lui si immaginava davanti a quella di Antonio Gramsci nel poemetto Le ceneri di Gramsci, che dà il titolo a una delle sue raccolte più note) e rileggiamoci una sua celebre riflessione, sintesi perfetta di un'analisi molto più ampia che si sviluppa lungo tutta la sua opera: "Quando il mondo classico sarà esaurito, quando saranno morti tutti i contadini e tutti gli artigiani, quando l'industria avrà reso inarrestabile il ciclo della produzione e del consumo, allora la nostra storia sarà finita" (dal documentario La rabbia del 1963).

"Ao', ma che finisce? Mica starai a parlà der vino?", gli replicherebbe a questo punto Ninetto Davoli, attore feticcio dei suoi film. La risposta è sì, parla anche di vino... Pasolini - al pari di Luigi Veronelli e Mario Soldati, ma con molta più audience - ha saputo leggere con lucidità il suo presente, intuendo quello che stava succedendo nelle nostre vigne, nelle nostre campagne e nella nostra società molto prima degli altri, ed è stato preso da molti per reazionario e anacronistico.

La verità è che in maniera sicuramente poetica e naïf - ma con un'urgenza e una disperazione estremamente personale e reale - PPP ci parla con 40/50 anni di anticipo di concetti di stretta attualità come sostenibilità ambientale, territorialità, tipicità, filiera corta, metodo ancestrale, vino naturale, cultura contadina, biologico, tradizione, vitigni autoctoni, buono pulito e giusto, fasi lunari, vignaioli, viticultura eroica, inclusione sociale, lotta allo spreco alimentare, economia circolare, e chi più ne ha più ne metta.

Per noi la lezione di Pasolini non è solo attuale: è ragion d'essere. Il motto che anima il progetto di ZenoMag è non a caso "la coscienza del vino", e quello che ci proponiamo è infatti di raccontare la meraviglia del vino e del mondo che lo circonda e che vogliamo conservare: l'ambiente e le reti di relazioni in cui nasce e che contribuisce a creare, il lavoro e la cultura degli uomini e delle donne che lo fanno, i saperi e le pratiche pazientemente forgiate dalle generazioni precedenti.

Non vogliamo suggerirvi una bottiglia speciale per ricordare Pasolini. Non era un gran bevitore, ma come molti della sua generazione, cresciuti in un'Italia umile e ancora contadina, in bianco e nero, non disdegnava un bicchiere a tavola o per brindare a una ricorrenza. Il vino come alimento e come festa, come è sempre stato per millenni dacché l'uomo ha addomesticato la vite.

Bevete quindi il vino che più vi piace, e magari ascoltatevi Irata del Consorzio Suonatori Indipendenti (https://www.youtube.com/watch?v=DHPXJkE2aFo), capolavoro assoluto di Giovanni Lindo Ferretti & company tratto da una delle pietre miliari della musica rock italiana, Linea Gotica. Il brano trae ispirazione da Le litanie del bel ragazzo, uno dei primi componimenti - in friulano - di Pasolini (da Poesie a Casarsa, raccolta scritta durante il secondo conflitto mondiale, mentre il fratello minore Guido combatteva tra i partigiani), di cui riprende i versi iniziali nell'indimenticabile ritornello:

"Oggi è domenica, domani si muore Oggi mi vesto di seta e candore Oggi è domenica, domani si muore Oggi mi vesto di rosso e d'amore".

Da un album sull'assurdità delle guerre (passate e presenti) e la fine della civiltà, un brano sul valore della resistenza intellettuale e personale, prima che politica, dell'uomo. A chi appellarsi, se non alla disperata intransigenza di Pasolini?

Domani si muore, “ad onta di ogni strenua decisione o voto contrario / mi trovo imbarazzato, sorpreso, ferito / per un'irata sensazione di peggioramento” (perché Irata si chiude col mantra di un bellissimo passo de Il partigiano Johnny di Beppe Fenoglio, altro grande italiano libero, fiero e contro).

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