Un vitigno lombardo quasi dimenticato ora riportato in auge grazie alle sue caratteristiche di acidità e alla maturazione tardiva.
Agostino Gallo nel 1550 lo menziona per la prima volta nel suo “Venti giornate della vera agricoltura” e scrive “Non manco sono buone le albamatte, atteso che fanno vino più gentile d’ogni altro bianco, ma perché tardino a maturare, egli non è perfetto fino al gran caldo, e più quando ha passato l’anno”.
Il vitigno sembra poi sparire fino al 1897 quando l’autore bresciano Solitro nomina l’Albamatto o Erbamatto tra i migliori vitigni del Garda, tradizionalmente coltivato sulla sponda bresciana.
Nonostante la difficoltà nella coltivazione e varie vicissitudini storiche, le sue caratteristiche e potenzialità ne hanno però evitato l’estinzione totale.
Il vitigno ha un ciclo vegetativo rallentato e una maturazione posticipata tra fine settembre e inizio ottobre, ovvero tra le quattro e le sei settimane dopo rispetto il periodo usuale di vendemmia di altri vitigni quali lo Chardonnay e i Pinot. Inoltre, l’Erbamat presenta anche una limitata propensione all’accumulo di zuccheri e alla relativa perdita di acidità.
Questi motivi hanno portato alla riscoperta di questa antica varietà che ora viene
reimpiantata in Franciacorta e utilizzata come vitigno complementare.
Il Disciplinare di Produzione in vigore prevede la possibilità di utilizzare l’Erbamat in assemblaggio fino ad un massimo del 10% in tutte le tipologie di Franciacorta ad esclusione del Saten. Questo risponde all’esigenza del Consorzio Franciacorta di recuperare una maggiore identità creando un forte legame territoriale e quindi una unicità nel panorama della spumantistica nazionale e internazionale.
L’Erbamat è un vitigno difficile da coltivare: necessita di terreni soleggiati, poveri e sciolti; la grande produttività (potenzialmente fino a 200 q/ha) costringe a drastiche potature; presenta bassa fertilità basale quindi anche la forma di allevamento riveste un ruolo importante.
Dal punto di vista organolettico, l’Erbamat evidenzia una buona intensità olfattiva con sentori di fiori bianchi, frutta e agrumi; una spiccata acidità, un’ottima sapidità e persistenza ne completano il profilo. Queste caratteristiche conferiscono al vino un carattere olfattivo delicato esaltandone la freschezza e l’agrumato.
Un metodo classico prodotto con Erbamat al 100% (produzione fuori commercio realizzata al solo scopo sperimentale) si rivela come una sferzata di energia dall’acidità quasi tagliente. Il naso rimanda a note di lievito accompagnate da sentori vegetali e florali. La bocca è dura, citrina con una nota metallica data dalla presenza di acido malico. Un prodotto estremo di non facile beva che consente però di comprendere le caratteristiche e le potenzialità del vitigno, in particolare in riferimento all’apporto di freschezza.
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