Sono passati poco più di due anni dalla tragica scomparsa di uno dei più forti giocatori di basket della storia.
Kobe Bryant ci ha lasciato due anni fa. Una morte improvvisa che ha colpito e commosso non solo gli appassionati di pallacanestro ma anche chi non ha mai seguito questo sport. La storia antica, gli dei invidiosi che chiamano a sé gli uomini infaticabili. Il fato, un tragico incidente in elicottero che ha stroncato uno dei giocatori più forti della storia, la sua giovane figlia e tutti i passeggeri.
La commozione unanime ha avvicinato il campione alle folle di tutto il mondo. Chi non seguiva il basket e non lo conosceva ne ha scoperti i lati intimi. Tutti noi abbiamo goduto delle immagini toccanti del cortometraggio animato che gli valse un Oscar, Dear Basketball, ispirato al testo con cui annunciò l’addio allo sport cui aveva dedicato la vita.
Si è parlato di quel nome, Kobe, ispirato alla pregiata carne giapponese, che tutti gli appassionati ghiottoni venerano. Si è parlato della sua “italianità”. Emozionante sentirgli pronunciare quel “ti amo con tutto il mio cuore” alla premiazione degli Oscar rivolgendosi alla sua famiglia o incitare Saša Vujačić con un chiaro “attenzione ai rimbalzi!” Lo stesso giocatore sloveno rivelerà in un’intervista all’Adige che il suo vino Aleksander, rosso di stampo bordolese prodotto in California, era molto apprezzato dal Black Mamba.
Ora che c’entra tutto questo con il vino? Nulla, non fosse che chi scrive e con lui tutti i tifosi bolognesi di sponda bianconera, Virtus per capirci, insieme a tutti gli appassionati di pallacanestro italiana hanno sognato per un momento che il Black Mamba sbarcasse sotto le Due Torri per qualche apparizione mentre in NBA infuriava lo sciopero dei giocatori. E quindi un ricordo ci sta. Incredibile pensare all’apertura di un top player di quel calibro verso un’idea del genere, come dire a Messi di accettare di giocare qualche partita in un club di Serie B e sperare che possa accettare. Per amore verso questo paese in cui era cresciuto, per il desiderio di giocare qui.
Vino dicevamo, qualche anno fa lo stesso Kobe twittò compiaciuto di essere stato soprannominato “Vino” da un non meglio precisato my man. Ora ci piace pensare, ed è in parte confermato da successivi tweet, che quel soprannome alludesse alla caratteristica propria del nettare di Bacco che, quando di grande qualità, migliora con gli anni senza invecchiare. Si eleva, si dice tecnicamente del vino, vogliamo immaginare come si elevano i grandi campioni, fisicamente cercando il canestro e mentalmente per competere a certi livelli per anni. Per raggiungere il sublime. E come certi vini lasciare il segno e rimanere ricordo, imperituro.
Comments