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Immagine del redattoreMaria Rita Olivas

Il Munster alsaziano. Quando le regole benedettine producono un formaggio per gaudenti

Un formaggio dalle opulente note olfattive, che richiama la maestosità dei Vosgi alsaziani e che pretende un vino sontuoso ma dalla spiccata mineralità.

C’era una volta un monastero… Ebbene sì, come molte delle più affascinanti storie di vino, anche nel caso di questo formaggio i protagonisti sono dei monaci, benedettini, che fondarono nell’anno 660 d.C. un monastero sui Vosgi alsaziani, dove iniziarono a far pascolare le loro vacche sui floridi alpeggi. Si sviluppò un villaggio, Munster, che prese il nome proprio dal latino “Monasterium”, e la produzione dell'omonimo formaggio si diffuse, grazie alla transumanza delle vacche, anche sul versante loreno dei Vosgi. Qui venne fondata intorno al 1300 la città di Gérardmer – pronunciata Géromé dai locali – che divenne il principale mercato di vendita del formaggio e che solitamente viene aggiunto in etichetta al prodotto AOP (ovvero la nostra DOP): Munster-Géromé.

Sembra quasi un paradosso che un formaggio così godurioso nasca dalle stringenti regole benedettine dell’ “ora et labora. Poi la mente corre veloce a Dom Pérignon e lo Champagne, alle abbazie clunicensi e i vini borgognoni, ai monasteri cistercensi sulle anse della Mosella e i leggendari Riesling, rendendo lampante che, storicamente, nei luoghi più spirituali si nutrisse degnamente non solo l’anima, ma anche il corpo.

Come nella ricetta originale, i produttori del Munster AOP di Alsazia e Lorena assemblano il latte intero munto al mattino con quello scremato della sera precedente, aggiungono il caglio animale. Si forma una cagliata morbida che viene lasciata scolare lentamente nelle fascere, rivoltata più volte, salata, infine portata nelle cantine di stagionatura. Qui il Munster inizia un percorso cruciale che andrà a formare il suo pronunciato profilo organolettico. Come per altri formaggi della tipologia delle croste lavate – fra cui anche il nostro Taleggio DOP – la forma è spazzolata ogni due giorni per almeno tre settimane con una soluzione di acqua e sale, che favorisce lo sviluppo sulla crosta di una serie di microorganismi presenti nei locali di affinamento e che la rendono umida, dalle nuance rosacee-arancioni, a volte striata da muffette bianche. La flora è diversa per ogni produttore o affinatore e quindi ogni forma è portavoce di una diversa originalità, soprattutto poi se caseificata in fattoria (“fermier” in etichetta) e da latte crudo. I batteri, infatti, incidono soprattutto sull'interno, cremoso ma ancora elastico e masticabile, e sull'aromaticità del formaggio.

Non serve avvicinarsi molto per essere colpiti dal suo penetrante odore – pardon, profumo! – di animale, sottobosco e leggero ammoniacale. Tanto che Émile Zola, nel suo “Ventre di Parigi”, descive l'irruenza del Munster con acuto realismo misto a umorismo: “E, nella sua scatoletta dietro le bilance, un Géromé all’anice spandeva un fetore tale che sul marmo rosso venato di grigio intorno alla scatola erano cadute alcune mosche”. Se il formaggio quasi intimidisce all’olfatto, al gusto si rivela invece accogliente e coinvolgente, con note di burro salato, verdura lessa, asparagi in particolare, fungo fresco, con un guizzo finale di leggero piccante.

L’abbinamento d’elezione col vino è con un bianco intenso ed aromatico, che sfoggi una sontuosità dei profumi pari a quella del formaggio, ma che non si accontenti di tenergli testa all'olfatto: deve infatti anche stemperare con acidità e profondità salina la patina di grassezza che il Munster lascia in bocca, insieme alla lunga tendenza dolce e la leggera scia pungente. Facile trovarlo tra i vini bianchi alsaziani, che in questo territorio regalano bottiglie esuberanti, ricche e rotonde ma dalla spiccata vena acido-sapida.

È il caso dell'Alsace Grand Cru AOC Zinnkoepflé Pinot Gris 2015 del Domaine Albert Hertz, il cui ventaglio aromatico di frutta matura sposa perfettamente l’assertività del formaggio, il cui sorso pieno e glicerico fa da contraltare alla sapidità e pungenza del Munster, mentre la sua trama salina, in connubio con l’agrumata freschezza, deterge elegantemente la bocca.


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