Un investimento di 80 milioni di euro in poco più di 20 anni per rendere Nervesa della Battaglia, in provincia di Treviso, un modello di bellezza e civiltà.
Difendere la natura, dai vigneti ai boschi, dalle aree comuni fino ai giardini, e introdurre una viticoltura a basso impatto ambientale grazie anche all’utilizzo di PIWI (i vitigni resistenti cui su Zenomag abbiamo dedicato un ampio speciale).
È questo il pensiero di Ermenegildo Giusti che aggiunge un nuovo tassello al proprio progetto: Sant’Eustachio, un vino prodotto con Sauvignon Nepis.
Un progetto iniziato nel 2000 con la donazione di 2 ettari di vigneto, ceduti dalla suocera, a cui in breve sono seguiti il restauro dell’Abbazia di Sant’Eustachio, splendido monumento dove, nel Cinquecento, fu scritto il Galateo, la realizzazione dell’avveniristica cantina ipogea, sviluppata su cinque piani, e l’acquisto di 10 tenute, dove parte la superficie è occupata da boschi di castagni, querce e acacie.
“Ho deciso di investire tutte le risorse in un piccolo territorio, un Comune collinare con poco più di 6000 abitanti, perché volevo davvero cambiare qualcosa” afferma Ermenegildo Giusti. “Volevo portare tutti a migliorare il rispetto per il proprio territorio e essere orgogliosi delle proprie origini”.
Oggi è davvero così. Grazie a un sistema virtuoso, Nervesa della Battaglia è diventata una meta turistica, che porta migliaia di visitatori in cantina e all’Abbazia, e anche nella casa più semplice i proprietari aggiungono un fiore per renderla più bella.
“Grazie a una viticoltura ragionata, che interviene il meno possibile in vigneto, sono ritornati animali come le pernici, le lepri, i rapaci, che ricordo quando ero bambino. Oggi la sfida è ancora più importante: adottare i vitigni PIWI per limitare ancor più l’uso di trattamenti e il calpestamento del suolo”.
Il Sant’Eustachio è primo vino della Giusti Wine a essere prodotto interamente da PIWI, da uve Sauvignon Nepis. Il progetto nasce dalla sinergia con l’enologa Graziana Grassini che da due anni cura i vini dell’azienda.
Queste varietà, ottenute da incroci tra specie di viti diverse, consentono di ridurre drasticamente gli interventi di difesa contro due delle patologie più dannose, l’oidio e la peronospora. Oltre ad un risparmio di tempo di gestione della vigna e di riduzione di calpestamento del suolo, permettono di abbattere notevolmente i costi di gestione a ettaro.
Che i PIWI possano rispondere a molti interrogativi attuali è innegabile e oggi la discussione a livello di Unione Europea è capire come essi si possano inserire in modo armonico nelle denominazioni italiane. Un tema ancora in fase di discussione ma che in tempi brevi darà nuovi sviluppi.
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