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Immagine del redattoreAnita Croci

Biondi Santi, la storia e il presente del Brunello di Montalcino

Una degustazione dei vini aziendali che troviamo, stiamo per trovare e ri-trovare in commercio evidenzia l’identità e l’eccezionalità della cantina che ha principiato e fatto la storia del Brunello.

Ieri, oggi, domani: un film iconico degli anni Sessanta che vedeva protagonisti tre dei nomi più importanti nella storia del cinema italiano. Prendiamo in prestito questo titolo per introdurre la degustazione organizzata da Biondi Santi nei giorni in cui lo sguardo di tutto l’enoico mondo era puntato su Montalcino in occasione di Benvenuto Brunello 2022 per l’anteprima del millesimo 2018.

In un contesto di indescrivibile bellezza quale la storicissima Tenuta Greppo, Biondi Santi ha presentato tre vini che racchiudono passato, presente e futuro dell’azienda: Rosso di Montalcino 2019, ora in commercio, Brunello di Montalcino Riserva 2016, in uscita a marzo e Brunello di Montalcino Riserva 1999 “La Storica”, in programma come seconda release nel 2023.

Tre vini sicuramente diversi, eppure legati da un filo comune che riesce a evocare vitigno, territorio e stile aziendale. Questo è l’obiettivo di Biondi Santi, perfettamente centrato: la coerenza. Il sangiovese, infatti, è tra le uve che meglio si prestano come traduttori fedeli di territori e stagioni; i vini quindi non devono essere solo buoni – in questo caso straordinari -: devono essere coerenti con le proprie origini, con l’annata e anche con sé stessi, tra le sensazioni olfattive e il gusto.

Parlano i fatti e la degustazione si rivela solida conferma di un’azienda nei secoli sempre più forte della propria storia. Sono stati i suoi fondatori – prima Clemente, poi il nipote Ferruccio – nella seconda metà del 1800, a creare, di fatto e di diritto, il Brunello di Montalcino, legando il proprio nome a quello della denominazione in modo esemplare e indissolubile, fino a rendersi l’uno sinonimo dell’altra, diventando nel mondo un modello vinicolo di eleganza e longevità e di italica eccellenza.

Dal 2016 la proprietà aziendale è passata a EPI, grande gruppo indipendente francese, affiancandosi a realtà di livello in Champagne e nel Rodano. Nessuna rivoluzione però. Evoluzione semmai, in un progetto di ampie vedute che può permettersi di guardare lontano perché le radici – è proprio il caso di dirlo – sono saldamente legate alla terra. Un paragone affatto casuale: tutto, infatti, parte dall’eccezionalità del territorio ilcinese, straordinariamente eterogeneo nei suoli, e dalla storicità del vigneto aziendale, che possiede un patrimonio genetico esclusivo riprodotto per selezione massale.

Sperimentare per capire: questo alla base dello studio sulle parcelle di vigneto condotto dal 2019 insieme a team universitari, per meglio indirizzare le risorse, a duplice vantaggio dell’identità dei vini e dell’ambiente, in un momento storico che quest’anno in particolare ci ha messo di fronte agli effetti del global warming.

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